Capitolo XVII

LA CIRCOLAZIONE DEL PLUSVALORE

Abbiamo visto finora che la differenza nel periodo di rotazione genera una differenza nel saggio annuo di plusvalore, anche restando eguale la massa di plusvalore annualmente prodotto.

Ma si verifica pure necessariamente una differenza nella capitalizzazione del plusvalore, nell'accumulazione e, in questi limiti, anche nella massa del plusvalore prodotto nel corso dell'anno, restando invariato il saggio di plusvalore.

Ora osserviamo anzitutto che il capitale A (nell'esempio del capitolo precedente) ha un reddito corrente periodico; quindi, eccettuato il periodo di rotazione all'inizio dell'impresa, fa fronte al proprio consumo entro l'anno con la sua produzione di plusvalore, e non è costretto a fare anticipi da un suo apposito fondo. Ciò avviene, invece, per B. Esso produce bensì, durante le stesse frazioni di tempo, tanto plusvalore quanto A, ma il plusvalore, non essendo realizzato, non può essere neppure consumato, né individualmente, né produttivamente. Per il consumo individuale, si anticipa sul plusvalore; dunque, bisogna anticipare un fondo.

Anche una parte di difficile classificazione del capitale produttivo, cioè il capitale addizionale necessario per la riparazione e manutenzione del capitale fisso, si presenta ora sotto nuova luce.

Nel caso di A, questa parte di capitale non viene anticipata - né totalmente né parzialmente - all'inizio della produzione. Non occorre né che sia disponibile, né che addirittura esista. Scaturisce dalla stessa impresa mediante conversione immediata di plusvalore in capitale, cioè suo impiego diretto come capitale. Una parte del plusvalore non solo periodicamente prodotto, ma realizzato nel corso dell'anno, può far fronte alle spese necessarie a scopi di riparazione, ecc. Così una parte del capitale richiesto per condurre l'impresa sulla sua scala originaria viene prodotta dalla stessa impresa, durante il suo esercizio, mediante capitalizzazione di una parte del plusvalore. Per il capitalista B, invece, questo è impossibile. Per lui, la parte di capitale in questione deve appartenere al capitale originariamente anticipato. In tutt'e due i casi, questa frazione di capitale figurerà nei libri del capitalista come capitale anticipato, e lo è infatti, perché, stando alla nostra ipotesi, costituisce una parte del capitale produttivo necessario per condurre su scala data l'impresa. Fa però un'enorme differenza da quale fondo la si anticipi. In B, essa è effettivamente una frazione del capitale da anticipare o da tener disponibile fin dall'origine; in A, è una frazione del plusvalore utilizzata come capitale. Quest'ultimo caso ci mostra come non solo il capitale accumulato, ma anche una parte del capitale originariamente anticipato possa essere, semplicemente, plusvalore capitalizzato.

Sviluppandosi il credito, il rapporto fra capitale originariamente anticipato e plusvalore capitalizzato si complica ancora di più. Per es., A prende in prestito dal banchiere C una parte del capitale produttivo, con cui dà inizio all'impresa o la continua nel corso dell'anno. Non ha, all'inizio, un capitale proprio sufficiente per condurre l'impresa. Il banchiere C gli presta una somma, che non è se non plusvalore, depositato presso di lui, degli industriali D, E, F, ecc. Dal punto di vista di A, non si tratta ancora di capitale accumulato. Di fatto, tuttavia, per D, E, F, ecc., A non è se non un agente il quale capitalizza il plusvalore che essi si sono appropriato.

Nel Libro I, cap. XXII \ abbiamo visto che l'accumulazione, la conversione di plusvalore in capitale, è per il suo reale contenuto processo di riproduzione su scala allargata, si esprima questo allargamento, in modo estensivo, nella forma dell'aggiunta di nuove fabbriche alle vecchie, o nell'ampliamento intensivo della scala precedente dell'impresa.

L'allargamento della scala della produzione può verificarsi in dosi relativamente modeste, utilizzando una parte del plusvalore per miglioramenti che elevino soltanto la forza produttiva del lavoro impiegato, o che, nello stesso tempo, permettano di sfruttarlo in modo più intensivo. Oppure, se la giornata lavorativa non è limitata per legge, è sufficiente un esborso addizionale di capitale circolante (in materie di produzione e in salario) per allargare la scala della produzione senza accrescere il volume del capitale fisso, il cui tempo di impiego quotidiano viene così soltanto prolungato, mentre il suo periodo di rotazione si abbrevia in corrispondenza. Ovvero il plusvalore capitalizzato può, in congiunture di mercato favorevoli, permettere date speculazioni in materie prime - operazioni per le quali il capitale anticipato in origine non sarebbe stato sufficiente -, ecc.

È perciò chiaro che là dove il maggior numero dei periodi di rotazione comporta una più frequente realizzazione del plusvalore nel corso dell'anno, interverranno periodi nei quali né si può prolungare la giornata lavorativa, né si possono introdurre miglioramenti isolati, menti e d'altra parte l'estensione dell'intera impresa su scala proporzionale, sia grazie all'impianto generale dell'impresa stessa, i fabbricati ecc., sia grazie all'estensione dell'area di lavoro, come in agricoltura, è possibile soltanto in limiti più o meno ristretti, e richiede inoltre un volume di capitale addizionale come può fornirlo soltanto un'accumulazione pluriennale di plusvalore.

Accanto all'accumulazione vera e propria, ovvero trasformazione del plusvalore in capitale produttivo (e corrispondente riproduzione su scala allargata), si ha quindi accumulazione monetaria, ammucchiarsi di una parte del plusvalore nella forma di capitale denaro latente, destinato a fungere solo più tardi, quando abbia raggiunto un certo volume, da capitale attivo addizionale.

Così si presenta la cosa dal punto di vista del capitalista singolo. Ma, sviluppandosi la produzione capitalistica, si sviluppa contemporaneamente il sistema del credito. Il capitale denaro che il capitalista non può ancora impiegare nella sua impresa viene impiegato da altri, dai quali egli in cambio riscuote un interesse. Per lui, esso funziona come capitale denaro in senso specifico, come una specie di capitale distinta dal capitale produttivo; opera invece come capitale in mani altrui. Ed è chiaro che, con la più frequente realizzazione del plusvalore e la scala crescente su cui lo si produce, cresce la proporzione in cui viene gettato sul mercato monetario, e di qui, almeno in parte, riassorbito a fini di riproduzione allargata, nuovo capitale denaro, o denaro come capitale.

La forma più semplice in cui può presentarsi questo capitale denaro addizionale latente è la forma del tesoro. È possibile che questo tesoro sia oro o argento addizionale, ottenuto direttamente o indirettamente nello scambio con i paesi produttori di metalli nobili. E solo in questo modo cresce in assoluto il tesoro monetario all'interno di un paese. È possibile d'altra parte -ed è il caso più frequente - che esso non sia se non denaro sottratto alla circolazione interna, che ha assunto forma tesoro in mano a capitalisti isolati. È possibile infine che questo capitale denaro latente consista in puri segni di valore - qui prescindiamo ancora dal denaro di credito - o anche in titoli di diritto, documenti attestanti i crediti dei capitalisti nei confronti di terzi. In tutti questi casi, qualunque sia la forma di esistenza di un simile capitale denaro addizionale, esso non rappresenta, in quanto capitale in spe, che titoli addizionali di diritto di dati capitalisti sulla produzione annua addizionale futura della società, tenuti in riserva.

« La massa della ricchezza effettivamente accumulata, considerata secondo la sua grandezza [...] è così insignificante, a paragone delle forze produttive della società cui appartiene, qualunque ne sia il grado di civiltà, o anche solo a paragone del consumo effettivo di questa stessa società nell'arco di appena pochi anni, che l'attenzione principale dei legislatori e degli economisti dovrebbe rivolgersi alle forze produttive e al loro libero sviluppo futuro, anziché, come finora, alla pura ricchezza accumulata, che colpisce l'occhio. La parte di gran lunga maggiore della cosiddetta ricchezza accumulata è soltanto nominale, e consta non già di veri e propri oggetti, navi, case, cotonate, migliorie fondiarie, ma di puri e semplici titoli giuridici, diritti sulle forze produttive annue future della società; titoli giuridici generati e perpetuati dagli espedienti e dalle istituzioni della insicurezza [...]. L'uso di questi articoli (accumulazioni di cose fisiche, ossia ricchezza effettiva) come semplici mezzi per appropriarsi la ricchezza che le forze produttive future della società devono ancora generare, verrebbe gradualmente sottratto ai loro possessori, senza violenza, dal gioco delle leggi naturali della distribuzione; verrebbe loro carpito, con l'ausilio di lavoro cooperativo (co-operative labour), nel volgere di pochi anni ». (William Thompson, Inquiry into the Principles of the Distribution of Wealth, Londra, 1850, p. 453; prima edizione 1824) l.

Poco si riflette, e i più non sospettano nemmeno, come sia estremamente piccolo, sia quanto a massa, sia quanto ad efficacia, il rapporto in cui le reali accumulazioni della società stanno con le forze produttive umane; anzi, perfino con il consumo corrente di una singola generazione nel volgere di appena pochi anni. La causa è palese, ma l'effetto è molto dannoso. La ricchezza che si consuma annualmente sparisce col suo uso; sta davanti agli occhi solo per un attimo, colpisce solo mentre la si gode o la si consuma. La parte della ricchezza che si può consumare solo lentamente, i mobili, le macchine, gli edifici, invece, ci stanno davanti agli occhi dall'infanzia fino alla vecchiaia, monumenti duraturi della fatica umana. Grazie al possesso di questa parte fissa, durevole, consumata solo lentamente, della ricchezza pubblica - il suolo e le materie prime su cui si lavora, gli attrezzi con cui si lavora, le case che danno riparo mentre si lavora -, i proprietari di tali oggetti dominano a loro vantaggio privato le forze produttive annue di tutti gli operai veramente produttivi della società, per irrilevanti che siano quegli oggetti in confronto ai prodotti sempre ricorrenti di questo lavoro. La popolazione di Gran Bretagna e Irlanda è di 20 milioni; il consumo medio di ogni singolo, uomo, donna e bambino, si aggira probabilmente intorno alle 20 Lst.; in totale, una ricchezza di circa 400 milioni di Lst., prodotto del lavoro consumato in un anno. Si calcola che l'importo complessivo del capitale accumulato di questi paesi non superi i 1.200 milioni, pari al triplo del prodotto del lavoro annuo; se ripartiti egualmente, 60 Lst. di capitale a testa. Qui abbiamo a che fare più con il rapporto, che con l'ammontare assoluto, e più o meno esatto, di queste stime. Gli interessi di questo capitale sarebbero sufficienti per mantenere la popolazione complessiva al suo livello attuale di vita per circa due mesi all'anno, e lo stesso capitale totale accumulato (se si potessero trovare acquirenti) la manterrebbe senza lavoro per tre anni pieni; alla fine dei quali, non avendo né casa, né vestiario, né cibo, essi dovrebbero morir di fame, oppure divenire gli schiavi di coloro che per tre anni li hanno mantenuti. Lo stesso rapporto intercorrente fra un triennio e il tempo di vita di una generazione sana, diciamo 40 anni, intercorre fra la grandezza e importanza della ricchezza reale, il capitale accumulato anche del paese più ricco, da una parte, e dall'altra la sua produttività, le forze produttive di una singola generazione; il loro rapporto non a ciò che queste sarebbero in grado di produrre sotto ordinamenti ragionevoli di eguale sicurezza, ma a ciò che esse producono realmente in assoluto con gli espedienti manchevoli e demoralizzanti della insicurezza! [...]. E, per mantenere e perpetuare nel suo stato attuale di ripartizione forzata questa massa apparentemente grandiosa del capitale esistente, o meglio il comando e il monopolio ottenuti grazie ad esso sui prodotti del lavoro annuo, si deve perpetuare tutto il raccapricciante meccanismo, i vizi, i delitti e le sofferenze, della insicurezza. Nulla si può accumulare senza che siano prima soddisfatti i bisogni necessari, e il grande fiume delle inclinazioni umane corre dietro al godimento; di qui l'ammontare relativamente irrilevante della ricchezza reale della società in ogni momento dato. È un ciclo eterno di produzione e consumo. In questa massa enorme di produzione e di consumo annui, è tanto se si avvertirebbe l'assenza della manciata di accumulazione reale; eppure, la principale attenzione è stata rivolta non a quella massa di forza produttiva, bensì a questa manciata di accumulazione. Ma questa manciata è stata posta sotto sequestro da alcuni pochi, e trasformata nello strumento per appropriarsi i prodotti, costantemente ricorrenti d'anno in anno, della grande massa. Di qui l'importanza decisiva di un tale strumento per quei pochi [...]. Oggi, circa un terzo del prodotto nazionale annuo viene sottratto ai produttori sotto il nome di oneri pubblici, e consumato improduttivamente, da persone che per esso non danno alcun equivalente, cioè nulla che per i produttori valga come tale [...]. L'occhio della folla guarda stupito le masse accumulate, soprattutto se si concentrano nelle mani di pochi. Ma le masse annualmente prodotte, come le eterne e innumerevoli onde di un fiume possente, ci scorrono dinnanzi e si perdono nell'oceano dimenticato del consumo. Eppure, questo eterno consumo determina non solo tutti i godimenti, ma l'esistenza stessa del genere umano. È la quantità e distribuzione di questo prodotto annuo che si dovrebbe fare oggetto di esame prima di ogni altra cosa. La vera e propria accumulazione è d'importanza affatto secondaria, e assume questa importanza anche quasi esclusivamente per il suo influsso sulla distribuzione del prodotto annuo [...]. L'accumulazione e distribuzione reale viene qui » (nello scritto di Thompson) « considerata sempre in rapporto e in subordine alla forza produttiva. In quasi tutti gli altri sistemi, invece, essa è stata considerata in rapporto e in subordine all'accumulazione ed alla perpetuazione del modo di distribuzione esistente. A paragone del mantenimento di questo modo di distribuzione, non si reputano neppure degni di uno sguardo la miseria o il benessere sempre rinascenti dell'intera umanità. Perpetuare i frutti della violenza, della frode o del caso, ecco che cosa si è chiamato sicurezza; e al mantenimento di questa falsa sicurezza si sono sacrificate senza misericordia tutte le forze produttive del genere umano ». (Ibid., pp. 440-445).

Per la riproduzione sono possibili soltanto due casi normali, a prescindere dai perturbamenti che ostacolano la riproduzione anche su scala data.

O si ha riproduzione su scala semplice.

O si ha capitalizzazione di plusvalore, accumulazione l.

I. Riproduzione semplice.

Nell'ipotesi della riproduzione semplice, il plusvalore prodotto e realizzato annualmente, o prodotto e realizzato periodicamente con più rotazioni nel corso dell'anno, viene consumato individualmente, cioè improduttivamente, dai suoi detentori: i capitalisti.

Il fatto che il valore del prodotto consti da un lato di plusvalore, dall'altro della parte di valore formata dal capitale variabile in essa riprodotto, più il capitale costante in essa consumato, non cambia nulla né alla quantità, né al valore del prodotto totale, che entra costantemente nella circolazione come capitale merce e non meno costantemente le viene sottratto per finire o nel consumo produttivo o nel consumo individuale, cioè per servire o come mezzo di produzione o come mezzo di consumo. Prescindendo dal capitale costante, è solo la distribuzione del prodotto annuo fra lavoratori e capitalisti a risentirne.

Anche nell'ipotesi di una riproduzione semplice, quindi, una parte del plusvalore deve esistere costantemente in denaro invece che in prodotto, perché, in caso contrario, non la si potrebbe convertire da denaro in prodotto destinato al consumo. Si tratta di esaminare più a fondo questa conversione del plusvalore dalla sua forma originaria di merce in denaro. Per semplicità, supponiamo la forma più semplice del problema, cioè circolazione esclusiva di denaro metallico, di denaro che sia equivalente reale.

Secondo le leggi sviluppate per la circolazione semplice delle merci (Libro I, cap. Ili)l, la quantità di denaro metallico esistente nel paese dev'essere sufficiente non solo per far circolare le merci, ma anche per far fronte alle oscillazioni della circolazione monetaria derivanti in parte da fluttuazioni nella velocità della circolazione, in parte da mutamenti di prezzo delle merci, in parte ancora dalle diverse e mutevoli proporzioni in cui il denaro funge da mezzo di pagamento o da vero e proprio medio circolante. Il rapporto in cui la massa monetaria esistente si ripartisce in tesoro e in denaro circolante cambia di continuo, ma la quantità di denaro è sempre eguale alla somma del denaro esistente come tesoro e come denaro circolante. Questa massa monetaria (massa di metallo nobile) è un tesoro della società via via accumulato. In quanto una parte di questo tesoro si consuma per usura, è necessario, come per ogni altro prodotto, sostituirlo ex novo d'anno in anno. Nella realtà, ciò avviene mediante scambio diretto o indiretto di una parte del prodotto annuo del paese con il prodotto dei paesi che producono oro e argento. Ma poiché il carattere internazionale della transazione nasconde la semplicità del suo svolgimento, per ridurre il problema alla sua espressione più semplice e trasparente si deve supporre che nello stesso paese si producano oro ed argento, che quindi la produzione di oro e di argento faccia parte della produzione sociale totale all'interno di ciascun paese.

A prescindere dall'oro o dall'argento prodotti per articoli di lusso, il minimo della loro produzione annua dev'essere pari all'usura dei metalli coniati derivante dalla circolazione monetaria annua. Inoltre: se cresce la somma di valore della massa di merci prodotta e circolante annualmente, deve anche crescere la produzione annua di oro e d'argento, in quanto la somma di valore cresciuta delle merci circolanti e la massa monetaria richiesta per la loro circolazione (e corrispondente tesaurizzazione) non sia compensata da una maggior velocità di circolazione del denaro e da un più esteso funzionamento del denaro come mezzo di pagamento, cioè da un maggior saldo reciproco degli acquisti e delle vendite senza intervento di denaro reale.

Una parte della forza lavoro sociale e una parte dei mezzi di produzione sociali devono quindi essere spese ogni anno nella produzione di oro e d'argento .

I capitalisti che esercitano la produzione di oro e d'argento -e, come qui nell'ipotesi di una riproduzione semplice, la esercitano solo entro i limiti dell'usura media annua e del consumo medio annuo di oro e d'argento in tal modo causato - gettano direttamente nella circolazione il loro plusvalore, che, secondo l'ipotesi, consumano annualmente senza capitalizzarne alcunché, nella forma denaro che è per essi la forma naturale, e non, come negli altri rami di produzione, la forma modificata del prodotto. Ancora: per quanto riguarda il salario - la forma denaro in cui viene anticipato il capitale variabile -, anch'esso è qui sostituito non mediante vendita del prodotto, sua conversione in denaro, ma mediante un prodotto la cui forma naturale è, fin dall'inizio, la forma denaro.

Infine, ciò avviene anche per la parte del prodotto in metalli nobili, che è eguale al valore del capitale costante periodicamente consumato: sia del capitale circolante costante, sia del capitale fisso costante consumato nel corso dell'anno.

Consideriamo prima di tutto il ciclo, rispettivamente la rotazione, del capitale investito nella produzione di metalli nobili, sotto la forma D-M...P...D'. Nella misura in cui, in D-M, \'M non consta soltanto di forza lavoro e mezzi di produzione, ma anche di capitale fisso, di cui soltanto una parte di valore viene consumata in P, è chiaro che D' - il prodotto - è una somma di denaro eguale al capitale variabile sborsato in salari, più il capitale circolante costante sborsato in mezzi di produzione, più la parte di valore del capitale fisso logorato, più il plusvalore. Se la somma fosse minore, restando invariato il valore generale dell'oro l'investimento in miniere sarebbe improduttivo o - come generalmente è il caso - in avvenire il valore dell'oro, in confronto alle merci il cui valore non cambia, aumenterebbe: cioè i prezzi delle merci cadrebbero; quindi, in futuro, la somma di denaro investita in D-M sarebbe minore.

Se consideriamo, dapprima, solo la parte circolante del capitale anticipato in D, punto di partenza di D-M...P...D', una data somma di denaro viene anticipata, gettata nella circolazione, per pagare forza lavoro e acquistare materie di produzione: non viene però di nuovo sottratta alla circolazione attraverso il ciclo di questo capitale, per esservi nuovamente gettata. Il prodotto nella sua forma naturale è già denaro; non ha dunque bisogno d'essere prima convertito in denaro mediante uno scambio, un processo di circolazione. Esce dal processo di produzione ed entra nella sfera di circolazione non nella forma di capitale merce che si riconverte in capitale denaro, ma come capitale denaro che si riconverte in capitale produttivo; che cioè deve acquistare di nuovo forza lavoro e materie di produzione. La forma denaro del capitale circolante, consumata in forza lavoro e mezzi di produzione, viene sostituita non mediante vendita del prodotto, ma con la forma naturale di quest'ultimo, quindi non mediante risottrazione del suo valore alla circolazione in forma denaro, ma con denaro addizionale prodotto ex novo.

Supponiamo che questo capitale circolante sia = 500 Lst., il periodo di rotazione = 5 settimane, il periodo di lavoro = 4 settimane, il periodo di circolazione = soltanto I settimana. Fin dall'inizio è necessario che, per 5 settimane, denaro venga in parte anticipato in scorta produttiva e sia in parte disponibile per essere speso via via in salario. Al principio della 6a settimana sono rifluite 400 Lst. e liberate 100. La cosa si ripete di continuo. Qui come prima, per un certo tempo della rotazione 100 Lst. si troveranno costantemente nella forma liberata. Ma esse constano di denaro addizionale prodotto ex novo esattamente come le altre 400 Lst. Avevamo 10 rotazioni all'anno, e il prodotto annuo è = 5.000 Lst. (Il periodo di circolazione deriva qui non dal tempo richiesto dalla conversione della merce in denaro, ma da quello richiesto dalla conversione del denaro negli elementi di produzione).

Per ogni altro capitale di 500 Lst. che ruoti nelle stesse condizioni, la forma denaro costantemente rinnovata è la forma trasmutata del capitale merce prodotto che viene gettato ogni 4 settimane nella circolazione, e che con la sua vendita - dunque mediante sottrazione periodica della quantità di denaro sotto la cui forma era entrato originariamente nel processo - riacquista sempre di nuovo la forma denaro. Qui, invece, in ogni periodo di rotazione una nuova massa addizionale di denaro di 500 Lst. viene gettata nella circolazione dallo stesso processo di produzione, per sottrarle costantemente materie di produzione e forza lavoro. Questo denaro gettato nella circolazione non le viene di nuovo sottratto attraverso il ciclo di questo capitale, ma viene ancora aumentato da masse d'oro costantemente prodotte ex novo.

Se consideriamo la parte variabile di questo capitale circolante, e la poniamo, come sopra, = 100 Lst., nella corrente produzione di merci queste 100 Lst. dovrebbero bastare, data una rotazione ripetuta 10 volte, a pagare costantemente la forza lavoro. Qui, nella produzione di denaro, la stessa somma è sufficiente; ma le 100 Lst. di riflusso, con cui la forza lavoro viene pagata in ogni periodo di 5 settimane, non sono la forma trasmutata del suo prodotto, ma una parte dello stesso prodotto sempre rinnovato. Il produttore d'oro paga direttamente i suoi operai con una parte dell'oro da essi stessi prodotto. Le 1.000 Lst. spese annualmente in forza lavoro e gettate nella circolazione dagli operai non ritornano quindi al loro punto di partenza attraverso la circolazione.

Per quanto concerne inoltre il capitale fìsso, al primo avvio dell'impresa esso esige l'esborso di un capitale denaro di una certa consistenza, che viene quindi gettato nella circolazione e, come ogni capitale fisso, rifluisce solo a poco a poco nel corso di vari anni. Ma rifluisce come frazione immediata del prodotto, dell'oro, non attraverso la vendita del prodotto e quindi la sua monetizzazione. Riceve perciò gradualmente la sua forma denaro non mediante sottrazione di denaro dalla circolazione, ma mediante ammasso di una parte corrispondente del prodotto. Il capitale denaro così ricostituito non è una somma di denaro gradualmente sottratta alla circolazione per compensare la somma originariamente gettata in essa per il capitale fisso; è una massa di denaro addizionale.

Per quanto infine riguarda il plusvalore, esso è parimenti eguale ad una frazione del nuovo prodotto in oro, che viene gettato in circolazione in ogni nuovo periodo di rotazione per essere, secondo la nostra ipotesi, speso improduttivamente, per essere dato in pagamento di mezzi di sussistenza e articoli di lusso.

In base alla nostra ipotesi, però, tutta questa produzione aurifera annua - che sottrae costantemente al mercato forza lavoro e materie di produzione, ma non denaro, e gli apporta costantemente denaro addizionale - si limita a sostituire il denaro logoratosi nel corso dell'anno; quindi, a mantenere intatta la massa monetaria sociale che esiste in permanenza, benché in proporzioni variabili, nelle due forme di tesoro e denaro circolante.

Secondo la legge della circolazione delle merci, la massa monetaria dev'essere pari alla massa di denaro necessaria per la circolazione, più una quantità di denaro esistente in forma tesoro, che aumenta o diminuisce a seconda della contrazione od espansione della circolazione stessa, ma serve anche e soprattutto per la creazione dei necessari fondi di riserva in mezzi di pagamento '. Ciò che si deve pagare in denaro - in quanto i pagamenti non si compensino a vicenda - è il valore delle merci. Che una parte di questo valore consista in plusvalore, cioè non sia costato nulla al venditore delle merci, non cambia la sostanza della cosa. Poniamo che i produttori siano tutti possessori indipendenti dei loro mezzi di produzione e che, quindi, si abbia circolazione fra gli stessi produttori immediati. A prescindere dalla parte costante del loro capitale, il loro plusprodotto annuo potrebb'essere suddiviso, per analogia con la situazione capitalistica, in due frazioni: una frazione a, che sostituisce soltanto i loro mezzi di sussistenza necessari; una frazione b, che in parte essi consumano in prodotti di lusso, in parte impiegano per allargare la produzione: a rappresenta allora il capitale variabile; b il plusvalore. Ma questa suddivisione non influirebbe minimamente sulla grandezza della massa monetaria richiesta per la circolazione del loro prodotto totale. A parità di condizioni, il valore della massa di merci circolante sarebbe il medesimo; quindi lo sarebbe anche la massa monetaria per esso richiesta. I produttori dovrebbero altresì, data un'eguale ripartizione dei periodi di rotazione, avere le stesse riserve di denaro, cioè tenere costantemente in forma denaro la stessa parte del loro capitale, perché, secondo l'ipotesi, la loro produzione sarebbe, ora come prima, produzione di merci. Dunque, il fatto che una parte del valore delle merci consti di plusvalore non cambia nulla alla quantità del denaro necessario per l'esercizio dell'impresa.

Un avversario di Tooke, il quale si attiene alla forma D-M-D', gli chiede come diavolo faccia il capitalista a ritirare costantemente dalla circolazione più denaro di quanto non vi immetta. Sia bene inteso. Qui non si tratta della formazione del plusvalore. Dal punto di vista capitalistico, questa, che è l'unico mistero, si capisce da sé. Infatti, la massa di valore impiegata, se non si arricchisse di un plusvalore, non sarebbe capitale. Poiché, stando all'ipotesi, capitale essa è, il plusvalore non costituisce affatto un problema.

La questione non è dunque: da dove viene il plusvalore? Ma: da dove viene il denaro per monetizzarlo?

Nell'economia borghese l'esistenza del plusvalore è scontata. Non è quindi soltanto presupposta, ma, con essa, si presuppone altresì che una parte della massa di merci gettata nella circolazione consti di plusprodotto, dunque rappresenti un valore che il capitalista non vi ha immesso con il suo capitale; che perciò il capitalista getti nella circolazione, con il suo prodotto, anche un'eccedenza al disopra del suo capitale, e gliela sottragga nuovamente.

Il capitale merce che il capitalista getta nella circolazione è di valore più grande (come ciò avvenga, non si spiega né si capisce, ma dal punto di vista dei borghesi c'est un fait) del capitale produttivo da lui sottratto alla circolazione in forza lavoro più mezzi di produzione. In base a questo presupposto, è quindi chiaro perché non solo il capitalista A, ma anche i capitalisti B, C, D ecc., possano, scambiando le loro merci, sottrarre continuamente alla circolazione più valore che il valore del capitale da essi originariamente, e sempre di nuovo, anticipato. A, B, C, D, ecc., gettano continuamente nella circolazione, sotto forma di capitale merce - operazione multilaterale quanto i capitali che funzionano in modo autonomo -, un valore merce maggiore di quel che le sottraggono sotto forma di capitale produttivo. Devono quindi ripartirsi continuamente una somma di valore (cioè ognuno deve, da parte sua, sottrarre alla circolazione un capitale produttivo) pari alla somma di valore dei capitali produttivi rispettivamente anticipati; e non meno continuamente ripartirsi una somma di valore che gettano poi nella circolazione, in modo altrettanto onnilaterale, sotto forma di merce, come eccedenza rispettiva del valore della merce sul valore dei suoi elementi di produzione.

Ma il capitale merce, prima della sua riconversione in capitale produttivo e prima della spesa del plusvalore in esso racchiuso, dev'essere monetizzato. Da dove viene il denaro a questo fine? La questione, a prima vista, sembra difficile, e né Tooke né altri, finora, le hanno dato risposta l.

Poniamo che il capitale circolante di 500 Lst. anticipato nella forma di capitale denaro, qualunque ne sia il periodo di rotazione, costituisca il capitale circolante totale della società, cioè della classe capitalistica. Il plusvalore sia 100 Lst. Come può, dunque, l'intera classe dei capitalisti ritrarre continuamente dalla circolazione 600 Lst., se vi getta continuamente soltanto 500 Lst.?

Dopo la conversione del capitale denaro di 500 Lst. in capitale produttivo, questo si converte, entro il processo di produzione, in valore merce di 600 Lst.; e in circolazione si trova non soltanto un valore merce di 500 Lst. pari al capitale denaro originariamente anticipato, ma un plusvalore prodotto ex novo di 100 Lst.

Questo plusvalore addizionale di 100 Lst. viene gettato nella circolazione in forma merce. Su ciò non v'è dubbio. Ma la stessa operazione non dà il denaro addizionale per la circolazione di questo valore merce addizionale.

Non si deve cercar di eludere la difficoltà mediante scappatoie dall'apparenza plausibile.

Ad esempio: per quel che concerne il capitale circolante costante, è chiaro che non tutti lo sborsano contemporaneamente. Mentre il capitalista A vende la sua merce, quindi il capitale anticipato assume per lui forma denaro, per l'acquirente B il suo capitale esistente in forma denaro assume invece la forma dei suoi mezzi di produzione, che appunto A produce.

Con lo stesso atto mediante il quale A restituisce al capitale merce da lui prodotto la forma denaro, B restituisce al proprio la forma produttiva, lo converte da forma denaro in mezzi di produzione e forza lavoro; la medesima somma di denaro funziona nel processo bilaterale come in ogni acquisto semplice M-D. D'altra parte, se A riconverte il denaro in mezzi di produzione, compra da C e, con ciò, questi paga B, ecc. Così, dunque, si spiegherebbe il processo. Senonché:

Nessuna delle leggi esposte in merito alla quantità del denaro circolante nel caso della circolazione di merci (Libro I, cap. Ili) ' viene minimamente alterata dal carattere capitalistico del processo di produzione.

Se perciò si dice che il capitale circolante della società da anticipare in denaro ammonta a 500 Lst., con ciò si è già tenuto conto che, da un lato, è questa la somma contemporaneamente anticipata, e che, dall'altro, essa mette in moto un capitale produttivo maggiore di 500 Lst., perché serve alternativamente da fondo monetario a diversi capitali produttivi. Questa spiegazione presuppone dunque come già esistente il denaro di cui, invece, dovrebbe spiegare l'esistenza.

Si potrebbe dire, inoltre: il capitalista A produce articoli che il capitalista B consuma individualmente, in modo improduttivo. Dunque, il denaro di B monetizza il capitale merce di A; quindi la stessa somma di denaro serve alla monetizza-zione del plusvalore di B e del capitale circolante costante di A. Ma qui è ancor più direttamente presupposta la soluzione del problema che si trattava di risolvere. Infatti, dove prende B questo denaro per finanziare il suo reddito? Come ha monetizzato questa parte di plusvalore del suo prodotto?

Si potrebbe dire, ancora, che la parte del capitale circolante variabile continuamente anticipato da A ai suoi operai gli rifluisce continuamente dalla circolazione; e che solo una parte mutevole di esso giace costantemente presso di lui al fine di pagare i salari. Tuttavia, fra l'esborso e il riflusso trascorre un certo tempo, durante il quale il denaro speso in salario può anche servire, fra l'altro, a monetizzare plusvalore. Ma, anzitutto, noi sappiamo che, quanto più questo tempo si prolunga, tanto maggiore è necessario che sia la massa della scorta di denaro che il capitalista A deve costantemente tenere in petto '; in secondo luogo, l'operaio spende il denaro, compra con esso merci, quindi monetizza pro tanto il plusvalore ivi annidato. Perciò lo stesso denaro anticipato nella forma di capitale variabile serve pro tanto anche a monetizzare plusvalore. Senza approfondire il problema in questa sede, basti dire che il consumo dell'intera classe capitalistica e delle persone improduttive che ne dipendono procede di pari passo con quello della classe operaia; quindi, contemporaneamente al denaro gettato in circolazione dagli operai, i capitalisti devono gettare nella circolazione del denaro per spendere il loro plusvalore come reddito; e, per questo, si deve sottrarre denaro alla circolazione. La spiegazione data più sopra non farebbe che diminuire la quantità necessaria allo scopo, senza però eliminarla.

Infine, si potrebbe dire: all'atto del primo investimento del capitale fisso, viene pure immessa costantemente nella circolazione una grande quantità di denaro che colui che ve l'ha gettata risottrae alla circolazione solo gradualmente, a poco a poco, nel corso di anni. Questa somma non può bastare alla monetizzazione del plusvalore? Alla domanda si deve rispondere che, nella somma di 500 Lst. (che include pure la tesaurizzazione per fondi di riserva necessari), è già implicito il suo impiego come capitale fisso, se non da parte di colui che l'ha messa in circolazione, da parte di qualcun altro. Inoltre, nella somma che si spende per procurarsi i prodotti che servono come capitale fisso, si presuppone già che sia anche pagato il plusvalore contenuto in queste merci, e quel che si chiede è appunto da dove provenga tale denaro.

La risposta generale è già stata data: se deve circolare una massa di merci di x X 1.000 Lst., alla quantità della somma di denaro necessaria per questa circolazione non cambia assolutamente nulla il fatto che il valore di questa massa di merci contenga o no plusvalore; che la massa di merci sia o no prodotta capitalisticamente. Il problema stesso, dunque, non esiste. Date tutte le altre condizioni, velocità di circolazione del denaro, ecc., una data somma di denaro è necessaria per far circolare un valore merce di x X 1.000 Lst., indipendentemente dal fatto che, di questo valore, ai produttori immediati delle merci in questione tocchi molto o poco. Nella misura in cui qui esiste un problema, esso coincide col problema generale: da dove viene la somma di denaro necessaria alla circolazione delle merci in un paese?

Dal punto di vista della produzione capitalistica, tuttavia, esiste l’apparenza di un problema particolare. Infatti, qui è il capitalista che figura come il punto di partenza da cui il denaro viene gettato nella circolazione. Il denaro che l'operaio spende per pagare i suoi mezzi di sussistenza esiste prima come forma denaro del capitale variabile; viene quindi originariamente gettato nella circolazione dal capitalista come mezzo di acquisto o di pagamento di forza lavoro. Inoltre, il capitalista getta in circolazione il denaro che per lui costituisce originariamente la forma denaro del suo capitale costante fisso e fluido; lo spende come mezzo di acquisto o di pagamento di mezzi di lavoro e materie di produzione. Ma, al di là di ciò, il capitalista non appare più come punto di partenza della massa monetaria in circolazione. Ora, esistono soltanto due punti di partenza: capitalista e operaio. Tutte le altre categorie di persone devono ricevere da queste classi denaro in cambio di servizi resi o, in quanto lo ricevano senza controprestazioni, sono comproprietarie del plusvalore sotto forma di rendita, interesse, ecc. Il fatto che il plusvalore non rimanga per intero nelle tasche del capitalista industriale, ma egli debba spartirlo con altri, non ha nulla a che vedere con la questione presente. Si tratta di sapere come egli monetizzi il suo plusvalore, non come poi si ripartisca l'argento così ricavato.

Dunque, per il nostro caso, il capitalista dev'essere ancora considerato come possessore unico del plusvalore. Quanto all'operaio, ripetiamo che egli è soltanto il punto di partenza secondario del denaro da lui gettato nella circolazione, mentre il capitalista ne è il punto di partenza primario. Il denaro anticipato dapprima come capitale variabile, completa già la sua seconda circolazione quando l'operaio lo spende in pagamento dei suoi mezzi di sussistenza.

La classe capitalistica rimane perciò il punto di partenza unico della circolazione monetaria. Se ha bisogno di 400 Lst. per pagare i mezzi di produzione, e di 100 per pagare la forza lavoro, essa getta in circolazione 500 Lst. Ma il plusvalore racchiuso nel prodotto, dato un saggio di plusvalore del 100%, è eguale a un valore di 100 Lst. Come può essa ritirare costantemente dalla circolazione 600 Lst., se non ve ne getta costantemente che 500? Da niente non nasce niente. L'intera classe capitalistica non può ritirare dalla circolazione nulla, che prima non vi abbia gettato.

Qui si prescinde dal fatto che forse la somma di denaro di 400 Lst. basti, data una rotazione ripetuta dieci volte, per far circolare mezzi di produzione per il valore di 4.000 Lst. e lavoro per il valore di 1.000 Lst., e che, allo stesso modo, le restanti 100 Lst. siano sufficienti per la circolazione del plusvalore di 1.000 Lst. Questo rapporto fra la somma di denaro e il valore merci ch'essa fa circolare, non cambia nulla alla cosa. Il problema resta immutato. Se non si verificassero diverse circolazioni delle stesse monete, si dovrebbero gettare nella circolazione come capitale 5.000 Lst. e ne occorrerebbero 1.000 per monetizzare il plusvalore. Si chiede da dove venga quest'ultimo denaro, sia esso 1.000 Lst. o 100. Comunque, è un'eccedenza sul capitale denaro gettato in circolazione.

In realtà, per quanto sembri paradossale a prima vista, è la stessa classe capitalistica a gettare in circolazione il denaro che serve alla realizzazione del plusvalore racchiuso nelle merci. Ma notabene ': ve lo getta non come denaro anticipato, dunque non come capitale. Lo spende come mezzo di acquisto per il proprio consumo privato. Non è lei, dunque, ad anticiparlo, benché sia lei il punto di partenza della sua circolazione.

Prendiamo un singolo capitalista che apra la sua azienda, per es. un fittavolo. Durante il primo anno, egli anticipa un capitale denaro, diciamo di 5.000 Lst., in pagamento di mezzi di produzione (4.000 Lst.) e forza lavoro (1.000 Lst.). Il saggio di plusvalore sia del 100%, il plusvalore che egli si appropria = 1.000 Lst. Le 5.000 Lst. di cui sopra comprendono tutto il denaro da lui anticipato come capitale monetario.

Ma l'uomo deve anche vivere, e non incassa denaro prima della fine dell'anno. Poniamo che il suo consumo ammonti a i.ooo Lst. Queste, egli le deve possedere. Dice, sì, che le deve anticipare a se stesso nel corso del primo anno. Ma questo anticipare - che qui ha un senso soltanto soggettivo - non significa se non che, nel primo anno, egli deve far fronte al suo consumo individuale di tasca propria, anziché con la produzione gratuita dei suoi operai. Non anticipa questo denaro come capitale: lo spende, lo scambia contro un equivalente in mezzi di sussistenza, che consuma. Questo valore l'ha speso, gettato nella circolazione, in denaro, e l'ha sottratto in valori merce. Questi valori merce, li ha consumati. Ha quindi cessato di avere un rapporto qualsiasi con il loro valore. Il denaro con cui l'ha pagato, esiste come elemento del denaro circolante. Ma il valore di questo denaro, egli l'ha sottratto in prodotti alla circolazione, e, con i prodotti in cui esso esisteva, ne è pure annullato il valore. Ha cessato di esistere. Alla fine dell'anno, il fittavolo getta nella circolazione un valore merce di 6.000 Lst., e lo vende. Con ciò gli rifluisce: 1) il capitale denaro da lui anticipato di 5.000 Lst.; 2) il plusvalore monetizzato di 1.000 Lst. Ha anticipato come capitale 5.000 Lst., le ha gettate nella circolazione, e ne ritira 6.000, di cui 5.000 per il capitale e 1.000 per il plusvalore. Queste ultime 1.000 sono monetizzate con il denaro ch'egli stesso ha gettato nella circolazione non come capitalista, ma come consumatore; che non ha anticipato, ma speso. Ora esse gli ritornano come forma denaro del plusvalore da lui prodotto. E, d'ora in poi, questa operazione si ripete di anno in anno. Ma, a partire dal secondo, le 1.000 Lst. ch'egli spende sono costantemente la forma trasmutata, la forma denaro, del plusvalore da lui prodotto. Egli le spende annualmente, ed esse gli rifluiscono, allo stesso modo, annualmente. Se il suo capitale ruotasse più di frequente nell'anno, ciò non cambierebbe nulla alla cosa, molto invece alla durata del tempo e quindi alla grandezza della somma che, oltre al suo capitale denaro anticipato, egli dovrebbe gettare in circolazione per il suo consumo privato.

Questo denaro, il capitalista non lo getta in circolazione come capitale. Ma appartiene alle caratteristiche del capitalista d'essere in grado, fino al riflusso del plusvalore, di vivere dei mezzi in suo possesso.

In questo caso, si è presupposto che la somma che il capitalista getta in circolazione, fino al primo riflusso del suo capitale, per far fronte al suo consumo privato, equivalga esattamente al plusvalore che egli ha prodotto e che, quindi, gli resta da monetizzare. In rapporto al capitalista singolo, questa è, manifestamente, una supposizione arbitraria. Ma per l'intera classe capitalistica, nell'ipotesi della riproduzione semplice, non può che essere esatta. Essa non fa che esprimere il senso di questa ipotesi, cioè che tutto il plusvalore, ma anche soltanto questo, dunque nessuna frazione dell'originario stock di capitale, viene consumato improduttivamente.

Più sopra si era supposto che la produzione totale in metalli nobili (posta — 500 Lst.) bastasse appena a sostituire il denaro distrutto dall'usura.

I capitalisti produttori d'oro possiedono sotto forma di oro tutto il loro prodotto, tanto la parte che sostituisce il capitale costante, quanto la parte che sostituisce il capitale variabile, quanto infine la parte consistente in plusvalore. Dunque, una parte del plusvalore sociale consiste in oro, non in prodotto che diventa oro solo nella circolazione. Consiste in oro fin dall'inizio, e viene gettata nella circolazione per ritrarne prodotti. La stessa cosa vale per il salario, per il capitale variabile, e per la reintegrazione del capitale costante anticipato. Se perciò una parte della classe capitalistica getta nella circolazione un valore merce che supera - per l'ammontare del plusvalore - il capitale denaro da essa anticipato, un'altra getta nella circolazione un valore denaro che supera - per l'ammontare del plusvalore - il valore merce da essa sottratto costantemente alla circolazione per produrre oro. Se una parte dei capitalisti pompa continuamente dalla circolazione più denaro di quanto non vi inietti, la parte che produce oro vi inietta continuamente più denaro di quanto non ne sottragga in mezzi di produzione.

Benché soltanto una parte di questo prodotto in oro di 500 Lst. sia plusvalore dei produttori d'oro, tuttavia l'intera somma non è destinata che a sostituire il denaro necessario per la circolazione delle merci; quanto di essa monetizzi il plusvalore delle merci e quanto gli altri elementi del loro valore, è in ciò indifferente.

Alla cosa non cambia assolutamente nulla l'eventuale trasferimento della produzione d'oro da un paese ad altri. Una parte della forza lavoro e dei mezzi di produzione sociali del paese A è allora convertita in un prodotto - per es. tela per il valore di 500 Lst. - che si esporta nel paese B per acquistarvi dell'oro. Il capitale produttivo così impiegato nel paese A non getta sul mercato del paese A merce a differenza di denaro, più che se fosse direttamente utilizzato nella produzione di oro. Questo prodotto di A si rappresenta in 500 Lst. oro ed entra unicamente come denaro nella circolazione del paese A. La parte del plusvalore sociale in esso contenuta esiste direttamente in denaro e, per il paese A, non esiste mai in altro che nella forma di denaro. Benché, per i capitalisti produttori di oro, solo una parte sia plusvalore e l'altra sia reintegrazione del capitale, il problema quanto di questo oro, oltre al capitale circolante costante, sostituisca capitale variabile, e quanto rappresenti plusvalore, non dipende che dal rapporto fra salario e plusvalore da un lato e valore delle merci circolanti dall'altro. La parte che forma il plusvalore si ripartisce fra i diversi membri della classe capitalistica. Sebbene questi la spendano costantemente per il consumo privato, e la riscuotano di nuovo attraverso la vendita di nuovo prodotto - appunto questa compravendita fa in generale circolare fra loro stessi soltanto il denaro necessario alla monetizzazione del plusvalore -, tuttavia, anche se in misura variabile, una frazione del plusvalore sociale si trova in forma denaro nelle tasche dei capitalisti, esattamente come una frazione del salario indugia in forma denaro nelle tasche degli operai almeno per una parte della settimana. E questa frazione non è limitata dalla parte del prodotto aureo che costituisce in origine il plusvalore dei capitalisti che producono oro, ma, come si è detto, dalla proporzione in cui il succitato prodotto di 500 Lst. si ripartisce in generale fra capitalisti ed operai, e in cui il valore merce da far circolare consta di plusvalore e degli altri elementi del valore.

Cionondimeno, la parte del plusvalore non esistente in altre merci ma, accanto a queste, in denaro, consta di una parte dell'oro prodotto annualmente solo in quanto una parte della produzione aurifera annua circola per realizzare il plusvalore. L'altra parte del denaro che continua a trovarsi nelle mani della classe dei capitalisti, in proporzioni variabili, come forma denaro del loro plusvalore, non è un elemento dell'oro prodotto annualmente, ma è un elemento delle masse monetarie precedentemente accumulate nel paese.

Secondo la nostra ipotesi, la produzione aurifera annua di 500 Lst. è appena sufficiente per sostituire il denaro annualmente logorato. Se quindi consideriamo soltanto queste 500 Lst., astraendo dalla parte della massa di merci annualmente prodotte alla cui circolazione serve il denaro in precedenza accumulato, il plusvalore prodotto in forma merce trova in circolazione denaro per la sua monetizzazione non foss'altro perché, dall'altro lato, si produce annualmente plusvalore in forma d'oro. Lo stesso vale per le altre parti del prodotto aureo di 500 Lst. che sostituiscono il capitale denaro anticipato. Qui vanno fatte due osservazioni.

Primo: Ne segue che il plusvalore speso dai capitalisti in denaro, così come il capitale variabile e l'altro capitale produttivo da essi anticipato in denaro, è in realtà un prodotto degli operai, cioè degli operai occupati nella produzione d'oro. Essi producono ex novo sia la parte del prodotto aureo che viene loro « anticipata » come salario, sia la parte di esso in cui si rappresenta immediatamente il plusvalore dei produttori capitalistici di oro. Quanto infine alla parte del prodotto aureo che si limita a sostituire il valore capitale costante anticipato per la sua produzione, esso riappare in forma d'oro (in generale, in un prodotto) solo grazie al lavoro annuo degli operai. All'inizio dell'impresa, essa è stata originariamente spesa dal capitalista in denaro non già prodotto ex novo, ma facente parte della massa monetaria circolante della società. Nella misura invece in cui la sostituisce un nuovo prodotto, oro addizionale, essa è il prodotto annuo dell'operaio. Anche qui, l'anticipo da parte del capitalista appare solo come forma derivante dal fatto che l'operaio non possiede i suoi propri mezzi di produzione, né dispone, durante la produzione, dei mezzi di sussistenza prodotti da altri operai.

Ma, secondo, per quanto riguarda la massa monetaria che esiste a prescindere da questa sostituzione annua di 500 Lst. e che si trova in parte sotto forma di tesoro, in parte sotto forma di denaro circolante, per essa le cose stanno, cioè sono state in origine, esattamente come stanno ancora di anno in anno per queste 500 Lst. Su questo punto torneremo alla fine del paragrafo. Prima, però, qualche altra osservazione.

Nel considerare la rotazione, si è visto che, a parità di condizioni, variando la grandezza dei periodi di rotazione, per condurre la produzione sulla medesima scala sono necessarie masse variabili di capitale denaro. Dunque, l'elasticità della circolazione monetaria dev'essere sufficiente per adattarsi a quest'al-ternarsi di espansione e contrazione.

Supponendo inoltre circostanze per il resto invariate - invariate anche la grandezza, l'intensità e la produttività della giornata lavorativa -, ma diversa ripartizione del valore prodotto ex novo fra salario e plusvalore, in modo che il primo salga e il secondo cali, o viceversa, la massa del denaro circolante non ne risente. Questo mutamento può avvenire senza alcuna espansione o contrazione della massa monetaria che si trova in circolazione. Se infatti consideriamo il caso in cui il salario in generale sale, e quindi - nelle condizioni supposte - il saggio del plusvalore in generale scende, e in cui, inoltre, sempre stando all'ipotesi, non si verifica alcuna variazione nel valore della massa di merci circolante, è allora vero che il capitale denaro che si deve anticipare come capitale variabile aumenta, quindi aumenta la massa monetaria che serve in questa funzione, ma nella stessa misura in cui cresce la massa di denaro necessaria per la funzione di capitale variabile diminuisce il plusvalore, quindi diminuisce anche la massa di denaro necessaria per la sua realizzazione. La somma della massa di denaro richiesta per la realizzazione del valore merce non ne risente più che non ne risenta questo stesso valore merce. Il prezzo di costo della merce sale per il singolo capitalista, ma il suo prezzo di produzione sociale rimane invariato. Quel che muta è il rapporto in cui, a prescindere dalla parte di valore costante, il prezzo di produzione delle merci si ripartisce in salario e profitto.

Ma, si dice, maggiore esborso di capitale denaro variabile (naturalmente, si presuppone costante il valore del denaro) significa la stessa cosa che maggiore massa di mezzi monetari in mano agli operai. Ne segue maggiore domanda di merci da parte di questi e, ulteriore conseguenza, rialzo di prezzo delle merci. - Oppure si dice: se cresce il salario, i capitalisti alzano i prezzi delle loro merci. - In entrambi i casi, il rialzo generale del salario provoca un rialzo dei prezzi delle merci. Quindi, comunque si spieghi l'aumento dei prezzi, per far circolare le merci dev'essere necessaria una massa monetaria maggiore.

Risposta alla prima formulazione: Il rialzo del salario provocherà soprattutto un aumento da parte degli operai della domanda di mezzi di sussistenza necessari. In grado minore aumenterà la loro domanda di articoli di lusso, o subentrerà una domanda di articoli che prima non entravano nel raggio del loro consumo. La domanda improvvisa, e aumentata su scala di una certa grandezza, di mezzi di sussistenza necessari, non potrà non farne salire momentaneamente il prezzo. Conseguenza: una parte maggiore del capitale sociale verrà impiegata nella produzione di mezzi di sussistenza necessari, ed una minore in quella di articoli di lusso, perché il prezzo di questi ultimi scende a causa di una diminuzione del plusvalore e quindi della loro domanda da parte dei capitalisti. Nei limiti invece in cui sono gli stessi operai a comprare articoli di lusso, il rialzo del loro salario - in quell'ambito - non agisce sul rincaro dei mezzi di sussistenza necessari, ma sposta soltanto gli acquirenti di merci di lusso. Più merci di lusso che prima entrano nel consumo degli operai, e meno, relativamente, nel consumo dei capitalisti. Voilà toutl. Dopo alcune oscillazioni, circola una massa di merci del medesimo valore di prima. - Per quanto riguarda le oscillazioni momentanee, esse non avranno che il risultato di gettare nella circolazione interna capitale denaro inoperoso, che, fino a quel momento, cercava occupazione in imprese speculative in borsa o all'estero.

Risposta alla seconda formulazione: Se fosse in potere dei produttori capitalistici di elevare ad arbitrio i prezzi delle loro merci, potrebbero farlo e lo farebbero anche senza aumento del salario. A prezzi delle merci calanti, il salario non aumenterebbe mai. La classe capitalistica non opporrebbe mai resistenza alle Trade-Unions, perché potrebbe fare sempre e in ogni circostanza ciò che ora fa realmente solo in via eccezionale, in condizioni date, particolari e, per così dire, locali -sfruttare cioè ogni aumento del salario per aumentare in grado molto superiore i prezzi delle merci, e così intascare un più alto profitto.

La tesi che i capitalisti possano aumentare i prezzi degli articoli di lusso perché la loro domanda decresce (a causa della minor domanda dei capitalisti, i cui mezzi di acquisto a tale scopo si sono ridotti) sarebbe un'applicazione del tutto originale della legge della domanda e dell'offerta. In quanto non si verifichi un puro e semplice spostamento dei compratori di questi articoli, operai invece di capitalisti - e, in quanto esso si verifichi, la domanda degli operai non influisce sul rincaro dei mezzi di sussistenza indispensabili, perché gli operai non possono spendere in mezzi di sussistenza necessari la parte dell'aggiunta di salario che spendono in mezzi di lusso -, i prezzi degli articoli di lusso cadono perché ne è diminuita la domanda. Ne segue che dalla loro produzione si ritira capitale finché la loro offerta si riduce alla misura corrispondente alla loro mutata funzione nel processo di produzione sociale. Ridottasi questa produzione, a valore per il resto invariato essi salgono nuovamente ai loro prezzi normali. Finché ha luogo questa contrazione, ovvero questo processo di compensazione, crescendo i prezzi dei mezzi di sussistenza si destina costantemente alla produzione di questi ultimi tanto capitale, quanto se ne sottrae all'altro ramo della produzione, fino a saturazione della domanda. Allora si ristabilisce l'equilibrio, e la fine dell'intero processo è che il capitale sociale, quindi anche il capitale denaro, è ripartito in proporzione mutata fra la produzione dei mezzi di sussistenza necessari e quella dei mezzi di lusso.

L'intera obiezione è un falso allarme lanciato dai capitalisti e dai loro sicofanti economici.

I fatti che servono di pretesto a questo falso allarme sono di

tre specie:

1. È legge generale della circolazione monetaria che, quando cresce la somma dei prezzi delle merci circolanti - sia che questa crescita riguardi la stessa massa di merci o una massa di merci aumentata -, a parità di condizioni la massa del denaro circolante sale. Ma si scambia l'effetto con la causa. Il salario cresce (anche se di rado, e solo in via eccezionale, proporzionalmente) con il rincaro dei mezzi di sussistenza necessari. Il suo rialzo è effetto, non causa, del rialzo dei prezzi delle merci.

.Ad un rialzo parziale o locale del salario - cioè ad un rialzo limitato a singoli rami di produzione - può quindi seguire un rincaro locale dei prodotti di questi stessi rami. Ma anche ciò dipende da molte circostanze: per es., dal fatto che qui il salario non abbia subito un'abnorme compressione e quindi il saggio di profitto non abbia subito un aumento superiore alla norma; che il mercato per queste merci non si restringa in seguito all'aumento dei prezzi (e dunque, perché rincarino, non sia necessaria una contrazione preventiva della loro offerta), ecc.

.Dato un rialzo generale del salario, il prezzo delle merci prodotte sale nei rami d'industria in cui predomina il capitale variabile, mentre scende nei rami in cui predomina invece il capitale costante, rispettivamente fisso.

Dall'analisi della circolazione semplice delle merci (Libro I, cap. Ili, 2)1 è risultato che, anche se all'interno della circolazione di ogni determinata quantità di merci la sua forma denaro è solo transeunte, tuttavia il denaro che, nella metamorfosi di una merce, scompare dalle mani dell'uno prende necessariamente il suo posto in quelle di un altro; dunque, non solo in prima istanza vengono scambiate o si sostituiscono onnilate-ralmente delle merci, ma questa sostituzione è anche mediata e accompagnata da una precipitazione onnilaterale di denaro: « La sostituzione di merce con merce lascia, nello stesso tempo, appiccicata alla mano di un terzo la merce denaro. La circolazione trasuda costantemente denaro » (Libro I, p. 92)2. Lo stesso identico fatto si esprime, sulla base della produzione capitalistica di merci, nella seguente maniera: una parte del capitale esiste costantemente nella forma di capitale denaro e, allo stesso modo, una parte del plusvalore si trova costantemente in forma denaro nelle mani dei suoi possessori.

Prescindendo da ciò, il ciclo del denaro - cioè il riflusso del denaro al suo punto di partenza -, in quanto costituisca un momento della rotazione del capitale, è un fenomeno del tutto diverso, anzi perfino opposto, alla circolazione del denaro*, che ne esprime il costante allontanamento dal punto di partenza attraverso una serie di mani (Libro I, p. 94) '. Tuttavia, rotazione accelerata implica eo ipso2 circolazione accelerata.

Prima di tutto, per quanto riguarda il capitale variabile: Se, per es., un capitale denaro di 500 Lst. sotto forma di capitale variabile compie dieci rotazioni all'anno, è chiaro che questa parte aliquota della massa monetaria circolante farà circolare il decuplo della sua somma di valore = 5.000 Lst.: girerà dieci volte all'anno fra capitalista ed operaio; quest'ultimo verrà pagato e pagherà dieci volte all'anno con la medesima parte aliquota della massa di denaro circolante. Se, a parità di scala della produzione, questo capitale variabile ruotasse nell'anno una sola volta, non si verificherebbe che un'unica circolazione di 5.000 Lst.

a. Se i fisiocratici mescolano ancora i due fenomeni, sono tuttavia i primi a mettere in risalto il riflusso del denaro al suo punto di partenza come forma essenziale della circolazione del capitale, come forma della circolazione che media la riproduzione. « Jetez les yeux sur le Tableau Economigue, vous verrez que la classe productive donne l'argent avec lequel les autres classes viennent lui acheter des productions, et qu'elles lui rentrent cet argent en revenant l'année sui-vante faire chez elle les mémes achats... Vous ne voyez doncici d'autre ceràie que celui de la dépense suivie de la réproduction, et de la répro-duction suivie de la dépense; cercle qui est parcouru par la circulation de l'argent qui mesure la dépense et la réproduction ». (Quesnay, Dialogues sur le Commerce et sur les Travaux des Artisans, in Daire, Physiocr., I, pp. 208-209). " C'est cette avance et cette rentrée conti-nuelle des capitaux qu'on doit appeler la circulation de l'argent, cette circulation utile et feconde qui anime tous les travaux de la société, qui entretient le mouvement et la vie dans le corps politique et qu'on a grande raison de comparer a la circulation du sang dans le corps animai-a. (Turgot, Réflexions etc, in Oeuvres, ed. Daire, I, p. 45)3.

a circolazione del denaro. Trad. Utet, 1974, p. 198.

.Per ciò stesso.

.« Date uno sguardo al Tableau Économique; vedrete che la classe produttiva fornisce il denaro con cui le altre classi le comprano dei prodotti, e che esse glielo restituiscono compiendo da lei l'anno dopo i medesimi acquisti [...] Qui dunque non vedete altro circolo se non quello della spesa seguita dalla riproduzione, e della riproduzione seguita dalla spesa; circolo percorso dalla circolazione del denaro che misura la spesa e la riproduzione » (Quesnay). « È questo anticipo e riflusso continuo dei capitali che si deve chiamare circolazione del denaro, l'utile e feconda circolazione che anima tutti i lavori della società, che mantiene nel corpo politico il movimento e la vita, e che si ha ben ragione di paragonare alla circolazione del sangue nel corpo animale » (Turgot).

Inoltre: supponiamo che la parte costante del capitale circolante sia = 1.000 Lst. Se il capitale compie dieci rotazioni, il capitalista vende dieci volte nell'anno la propria merce, dunque anche la parte circolante costante del suo valore. La stessa parte aliquota della massa di denaro circolante (= 1.000 Lst.) passa dieci volte nel corso dell'anno dalle mani dei suoi detentori in quelle del capitalista. Sono dieci cambiamenti di posto di questo denaro da una mano all'altra. In secondo luogo: il capitalista compra dieci volte nell'anno mezzi di produzione; sono di nuovo dieci giri del denaro da una mano all'altra. Con denaro dell'ammontare di 1.000 Lst. il capitalista industriale ha venduto merce per 10.000 Lst. e comprato di nuovo merce per 10.000 Lst. Mediante il giro, ripetuto venti volte, delle 1.000 Lst., è stata fatta circolare una scorta di merci di 20.000 Lst.

Infine, a rotazione accelerata, anche la parte di denaro che realizza il plusvalore circola più rapidamente.

Per contro, una più rapida circolazione del denaro non implica viceversa necessariamente una rotazione più rapida del capitale e quindi anche del denaro, cioè non implica necessariamente abbreviazione e più rapido rinnovo del processo di riproduzione.

Si ha circolazione più rapida del denaro ogni volta che con la stessa massa monetaria si compie una maggior quantità di transazioni. Ciò può avvenire anche a parità di periodi di riproduzione del capitale, in seguito a mutate disposizioni tecniche per la circolazione del denaro. Inoltre: la massa delle transazioni in cui circola denaro può aumentare senza esprimere un vero e proprio scambio di merci (contratti differenziali in borsa, ecc.). D'altra parte, il denaro può non circolare affatto. Per es. là dove l'agricoltore è nello stesso tempo proprietario fondiario, non si verifica alcuna circolazione monetaria tra fittavolo e proprietario fondiario; là dove il capitalista industriale è egli stesso proprietario del capitale, non si verifica alcuna circolazione fra lui e il concessore di credito.

Quanto alla formazione originaria in un paese di un tesoro in denaro, come pure alla sua appropriazione ad opera di pochi, non è qui necessario addentrarvisi.

Il modo di produzione capitalistico - la sua base, come è il lavoro salariato, così è pure il pagamento dell'operaio in denaro e, in generale, la trasformazione di prestazioni in natura in prestazioni in denaro - può svilupparsi su vasta scala e con profonda elaborazione solo là dove sia presente nel paese una massa monetaria sufficiente per la circolazione e la tesaurizzazione da essa determinata (fondi di riserva, ecc.). È questa la sua premessa storica, benché non si debba intendere la cosa nel senso che prima si costituisce una massa di tesoro sufficiente, poi comincia la produzione capitalistica. Ma essa si sviluppa contemporaneamente allo svilupparsi delle sue condizioni, e una di queste è un apporto sufficiente di metalli nobili. Perciò l'afflusso accresciuto dei metalli nobili a partire dal secolo xvi costituì un fattore essenziale nella storia di sviluppo della produzione capitalistica. In quanto però si tratti del necessario afflusso ulteriore di materiale monetario sulla base del modo di produzione capitalistico, da una parte viene gettato nella circolazione plusvalore in prodotto senza il denaro necessario per la sua monetizzazione, dall'altra plusvalore in oro senza precedente conversione di prodotto in denaro.

Le merci addizionali che si devono convertire in denaro trovano già la somma di denaro necessaria perché dall'altro lato, non attraverso lo scambio ma attraverso la produzione stessa, viene gettato nella circolazione oro (e argento) addizionale, che si deve convertire in merci.

II. Accumulazione e riproduzione allargata.

Nella misura in cui l'accumulazione ha luogo in forma di riproduzione su scala allargata, è chiaro che essa non presenta, in rapporto alla circolazione del denaro, alcun problema.

Per quanto anzitutto riguarda il capitale denaro addizionale richiesto perché funzioni il crescente capitale produttivo, esso è fornito dalla parte del plusvalore realizzato che i capitalisti gettano in circolazione come capitale denaro, anziché come forma

denaro del reddito. Il denaro è già nelle mani dei capitalisti; solo, il suo impiego è diverso.

Ora però, grazie al capitale produttivo addizionale, e come suo prodotto, viene gettata in circolazione una massa supplementare di merci e con essa, nello stesso tempo, una parte del denaro addizionale necessario alla sua realizzazione, nella misura in cui il valore di questa massa di merci è eguale al valore del capitale produttivo consumato nella sua produzione. Questa massa monetaria addizionale è stata anticipata appunto come capitale denaro addizionale, quindi rifluisce al capitalista attraverso la rotazione del suo capitale. Ed ecco ripresentarsi il quesito di prima: da dove viene il denaro addizionale per realizzare il plusvalore addizionale ora presente in forma merce? La risposta generale è di nuovo la stessa. La somma dei prezzi della massa di merci circolante è cresciuta non perché siano saliti i prezzi di una data massa di merci, ma perché la massa delle merci ora circolante è superiore a quella delle merci che circolavano in precedenza, senza che a compensare il fatto si abbia caduta dei prezzi. Il denaro addizionale richiesto per la circolazione di questa massa più grande di merci di maggior valore dev'essere procurato o mediante risparmio accresciuto della massa monetaria circolante - sia attraverso compensazione dei pagamenti ecc., sia con mezzi atti ad accelerare la circolazione delle stesse monete -, o mediante conversione di denaro dalla forma tesoro nella forma circolante. L'ultima soluzione implica non solo che il capitale denaro inoperoso entri in funzione come mezzo di acquisto o mezzo di pagamento, ovvero che capitale denaro già funzionante come fondo di riserva, pur assolvendo per il suo possessore la funzione di fondo di riserva, per la società circoli attivamente (come i depositi in banca, che vengono costantemente dati in prestito), quindi assolva una duplice funzione; ma anche che si economizzino i fondi stagnanti di riserva di monete.

«Affinché il denaro fluisca costantemente come moneta, la moneta deve costantemente coagularsi in denaro. La circolazione costante della moneta è determinata dal suo costante ristagno, ln porzioni più o meno grandi, in fondi monetari di riserva che si formano in ogni senso entro la circolazione e la condizionano, la cm costituzione, distribuzione, dissoluzione e ricostituzione cambiano costantemente, la cui presenza scompare costantemente, la cui scomparsa è costantemente presente. Adam Smith ha espresso questa incessante trasformazione della moneta in denaro e del denaro in moneta, dicendo che ogni possessore di merce deve avere costantemente come scorta una certa somma della merce generale con cui compera, accanto alla merce particolare che vende. Abbiamo visto che nella circolazione M-D-M, il secondo termine D-M si fraziona di continuo in una serie di acquisti che si compiono non tutti in una volta, bensì successivamente nel tempo, di modo che una porzione di D circola in quanto moneta, mentre l'altra è ferma in quanto denaro. Il denaro è qui di fatto null'altro che moneta sospesa, e i singoli elementi costitutivi della massa monetaria circolante appaiono costantemente varianti, ora in una forma ora nell'altra. Questa prima trasformazione del mezzo di circolazione in denaro rappresenta perciò un elemento puramente tecnico della circolazione del denaro stesso » (Karl Marx, Zur Kritik der Politische Oeko-notnie, 1859, PP- I05> I06 *■ Qui si usa « moneta » in antitesi a denaro, per indicare il denaro nella sua funzione di puro e semplice mezzo di circolazione in antitesi alle sue altre funzioni).

Se tutti questi mezzi non bastano, si deve verificare produzione addizionale di oro, ovvero, ma il risultato è lo stesso, una parte del prodotto addizionale viene scambiata direttamente o indirettamente contro oro, prodotto dei paesi produttori di metalli nobili.

L'intera somma della forza lavoro e dei mezzi di produzione sociali, spesa nella produzione annua di oro e d'argento come strumenti della circolazione, costituisce una voce onerosa dei faux fraix del modo di produzione capitalistico, e in generale dei modi di produzione basati sulla produzione di merci. Essa sottrae all'impiego sociale una somma corrispondente di possibili mezzi addizionali di produzione e consumo, cioè della ricchezza reale. Nella misura in cui, a scala costante della produzione o a grado dato della sua estensione, i costi di questo meccanismo di circolazione dispendioso si riducono, ne risulta elevata la forza produttiva del lavoro sociale. Nella misura perciò in cui hanno questo effetto, gli espedienti che si sviluppano con il sistema del credito accrescono direttamente la ricchezza capitalistica, sia che in tal modo una gran parte del processo sociale di produzione e di lavoro si compia senza alcun intervento di denaro effettivo, sia che ne risulti elevata la capacità di agire della massa monetaria realmente in funzione.

È così liquidato anche l'insulso problema, se la produzione capitalistica sarebbe possibile nel suo volume attuale senza il sistema del credito (considerato anche soltanto da questo punto di vista), cioè con circolazione puramente metallica. Non è questo, manifestamente, il caso. Al contrario, essa avrebbe trovato un limite nel volume della produzione di metalli nobili. D'altra parte, non ci si devono fare delle idee mistiche sulla forza produttiva del sistema creditizio, in quanto mette a disposizione o rende fluido del capitale denaro. L'ulteriore sviluppo di questo tema esula dalla presente trattazione.

Va ora considerato il caso in cui non si verifica accumulazione reale, cioè allargamento diretto della scala di produzione, ma una parte del plusvalore realizzato viene accumulata come fondo di riserva monetario per un lasso di tempo più o meno lungo, per essere poi convertita in capitale produttivo.

Nella misura in cui il denaro che così si accumula è addizionale, la cosa è ovvia. Esso può soltanto essere una parte dell'oro eccedente importato dai paesi produttori d'oro. Va notato a questo proposito che il prodotto nazionale contro il quale questo oro viene importato non esiste più nel paese: è stato ceduto all'estero contro oro. Se invece si suppone che, ora come prima, si trovi nel paese la stessa massa di denaro, allora il denaro accumulato e accumulantesi proviene dalla circolazione; solo che la sua funzione è cambiata. Da denaro circolante, si è trasformato in capitale denaro latente in graduale formazione.

Il denaro qui accumulato è la forma denaro di merce venduta, cioè della parte del suo valore che, per chi la possiede, rappresenta plusvalore. (Qui si presuppone inesistente il sistema creditizio). Il capitalista che ha accumulato questo denaro ha venduto pro tanto, senza comperare.

Se ci si raffigura questo processo come fenomeno parziale, n°n v'è in esso nulla da spiegare. Una parte dei capitalisti conserva una porzione del denaro ricavato dalla vendita del suo prodotto, senza per ciò sottrarre prodotto al mercato. Un'altra, invece, converte interamente in prodotto il suo denaro, eccettuato il capitale denaro costantemente ricorrente, necessario per l'esercizio della produzione. Una parte del prodotto gettato sul mercato come depositario di plusvalore consta di mezzi di produzione o degli elementi reali del capitale variabile, mezzi di sussistenza necessari: può dunque servire immediatamente per allargare la produzione. Infatti non si presuppone in alcun modo che una parte dei capitalisti accumuli capitale denaro mentre l'altra consuma per intero il suo plusvalore, ma soltanto che una parte compia la sua accumulazione in forma denaro, costituisca capitale denaro latente, mentre l'altra accumula realmente, cioè allarga la scala della produzione, amplia realmente il suo capitale produttivo. La massa monetaria esistente rimane sufficiente per i bisogni della circolazione anche se, alternativamente, una parte dei capitalisti accumula denaro e l'altra allarga la scala della produzione, o viceversa. L'accumulazione di denaro da un lato può avvenire inoltre senza denaro contante, per puro e semplice accumularsi di crediti.

La difficoltà sorge, tuttavia, se presupponiamo nella classe capitalistica accumulazione non parziale, ma generale di capitale denaro. Secondo la nostra ipotesi - dominio generale ed esclusivo della produzione capitalistica - all'infuori di questa classe non ve n'è nessun'altra, se non la classe operaia. Tutto ciò che la classe operaia acquista è eguale alla somma del suo salario, alla somma del capitale variabile anticipato dall'insieme della classe capitalistica. A quest'ultima, questo denaro rifluisce attraverso la vendita del suo prodotto alla classe operaia. In tal modo il suo capitale variabile riacquista la forma di denaro. Poniamo che la somma del capitale variabile sia = x x 100 Lst., cioè la somma del capitale variabile non anticipato ma impiegato in un anno; con quanto denaro, molto o poco, a seconda della velocità di rotazione, questo capitale variabile venga anticipato durante l'anno, non cambia nulla alla questione ora considerata. Con queste x x 100 Lst. di capitale, la classe capitalistica compera una certa quantità di forza lavoro, ossia paga salario a un certo numero di operai - prima transazione. Con la stessa somma gli operai comprano dai capitalisti una data quantità di merci, e così la somma di x x roo Lst. rifluisce nelle mani dei capitalisti - seconda transazione. E la cosa si ripete di continuo. Dunque, la somma di x x 100 Lst. non può mai permettere alla classe operaia di acquistare la parte del prodotto in cui si rappresenta il capitale costante, non diciamo poi la parte in cui si rappresenta il plusvalore della classe capitalistica. Con le x X 100 Lst., gli operai possono sempre acquistare soltanto una parte di valore del prodotto sociale, che è eguale alla parte di valore in cui si rappresenta il valore del capitale variabile anticipato.

Prescindendo dal caso in cui questa accumulazione onni-laterale di denaro non esprime che la ripartizione fra i diversi capitalisti singoli, in qualunque proporzione essa avvenga, del metallo nobile addizionalmente importato - come potrebbe, dunque, accumulare denaro l'intera classe dei capitalisti?

Essi dovrebbero vendere tutti una parte del loro prodotto, senza ricomperare. Il fatto che tutti posseggano un determinato fondo monetario che gettano nella circolazione come medio circolante per il loro consumo, e di cui dalla circolazione rifluisce a ciascuno una data parte, non ha in sé nulla di misterioso. Ma questo fondo monetario esiste appunto come fondo di circolazione grazie alla monetizzazione del plusvalore, non come capitale denaro latente.

A considerare la cosa come si presenta in realtà, il capitale denaro latente accumulato per impiego ulteriore consta di:

1)Depositi in banca: e quella di cui dispone realmente la banca è una somma di denaro relativamente modesta. È solo nominalmente che qui si accumula capitale denaro. Ciò che si accumula realmente sono crediti attivi, che sono monetizzabili (nei limiti in cui vengono monetizzati) solo perché fra denaro chiesto in rimborso e denaro versato v'è equilibrio. Quanto si trova nelle mani della banca come denaro non è che una somma relativamente modesta.

2)Titoli di Stato. Questi non sono capitale, ma puri e semplici crediti sul prodotto annuo della nazione.

3)Azioni. In quanto non siano una frode, sono titoli di possesso sul capitale reale appartenente ad una società e buoni sul plusvalore che annualmente ne sgorga.

In tutti questi casi non sussiste accumulazione di denaro, ma ciò che da un lato appare come accumulazione di capitale denaro appare dall'altro come spesa reale, costante, di denaro. Che il denaro sia speso da colui al quale appartiene, o da altri, suoi debitori, non cambia nulla alla cosa.

Sulla base della produzione capitalistica, la tesaurizzazione in quanto tale non è mai scopo, ma risultato o di un arresto della circolazione - masse di denaro maggiori del consueto assumendo la forma di tesoro - o delle accumulazioni determinate dalla rotazione, o infine: il tesoro non è che formazione di capitale denaro, provvisoriamente in forma latente, destinato ad entrare in funzione come capitale produttivo.

Se perciò da un lato si sottrae alla circolazione e si accumula come tesoro una parte del plusvalore realizzato in denaro, dall'altro, nello stesso tempo, un'altra parte del plusvalore viene convertita in capitale produttivo. Eccezion fatta per la ripartizione di metallo nobile addizionale fra la classe capitalistica, l'accumulazione in forma denaro non avviene mai simultaneamente in tutti i punti.

Per la parte del prodotto annuo che rappresenta plusvalore in forma merce, vale esattamente la stessa cosa che per l'altra parte del prodotto annuo. Per la sua circolazione si richiede una certa somma di denaro. Questa somma appartiene alla classe capitalistica tanto quanto la massa di merci annualmente prodotta, che rappresenta plusvalore. È la stessa classe dei capitalisti a gettarla originariamente in circolazione. Essa si ridistribuisce costantemente fra loro attraverso la circolazione. Come nella circolazione della moneta in generale, una parte di questa massa si arresta in punti continuamente diversi, mentre un'altra circola continuamente. Le cose non cambiano se una parte di questa accumulazione è intenzionale, allo scopo di formare capitale denaro.

Si è qui fatta astrazione dalle avventure della circolazione, per cui un capitalista strappa all'altro una frazione di plusvalore e perfino di capitale, e perciò ha luogo accumulazione e centralizzazione unilaterale sia di capitale denaro, sia di capitale produttivo. Per es., una parte del plusvalore arraffato che A accumula come capitale denaro, può essere una frazione del plusvalore di B, che non rifluisce a quest'ultimo.